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se esiste il senso della realtà deve esistere il senso della possibilità

Archivio per il giorno “giugno 4, 2012”

Branduardi: la musica alla prova del tempo

Ecco un altro breve estratto da La Musica è altrove, dove si affronta il tema del confronto tra il desiderio, la speranza di amore e di compimento dell’uomo e lo scorrere ineluttabile del tempo: uno dei temi chiave della poetica branduardiana

Se lo sguardo si perde e si bea negli spazi infiniti si consuma però nel tempo, l’altro architrave della musica di Branduardi. C’è il tempo e ci sono i tempi, c’è la sabbia della clessidra che scende e l’andirivieni delle stagioni che tornano e ci sono soprattutto uomini che cercano quella che Eliot chiamava l’intersezione tra il Tempo e il Senza tempo, che giustamente per il poeta è ‘un’occupazione da santi’.
Probabilmente non sono tutti santi i personaggi branduardiani, ma quello che è certo è che nello scorrere del tempo cercano di trattenere la grana dorata dei fatti, delle esperienze e delle emozioni, cercano di conservare cosa liha fatti uomini attraverso il tempo ma che quel tempo si spera trascendano.  Cercano di conservare l’amicizia, la tenerezza l’amore.
Come si augura la voce cantante di ‘Bella Faccia’, terza traccia dell’album Il Ladro

Al mattino riderai
con la tua bella faccia
e io ti ringrazerò
per quella bella faccia

Resteremo seduti
a guardare la sera
senza parlare
non saremo mai vecchi
ti proteggerò dal dolore e dalla noia

C’è allora questa incongruenza assoluta. Tra l’ampiezza e il desiderio dell’amore umano e la materia che negli anni sembra inesorabilmente avere il sopravvento. Ogni tentativo, ogni esaltazione, ogni trasporto del cuore deve fare i conti con la regola della carne che assieme al mondo passa e sembra negare ogni speranza di una durata infinita. L’amante vuole proteggere e in questo esprime con forza tutta l’intensità del suo sentimento che però deve fare i conti con il procedere delle stagioni e degli anni, quasi camuffato dalla vicinanza rassicurante e costante del mare di fronte al quale la vita sembra acquistare ancora una maggiore naturalità simboleggiata anche dagli alimenti elementari – pane e sale – di cui la coppia dice di cibarsi.

E al di là del tempo è in realtà la morte così presente nell’immaginario di Branduardi, ad occupare lo spazio al bordo di una canzone, e a farlo con tale irrevocabilità da insidiare con la propria  ombra ogni gioia dell’uomo, come se il famoso Ballo in fa#minore, con la promessa di depotenziare la morte invitandola a danzare, non avesse in realtà convinto appieno il suo ideatore

Come arance rosse
assaporo i giorni
ora che ho incontrato te
dolce e profumata ora è la mia vita
e per questo grazie a te

Nell’attacco di questa canzone, “Tango”, la musica emerge da un’introduzione scura e densa di tastiere, quasi un pozzo oscuro, e si proietta su un tappeto fluido di chitarre che scivolano glissando quasi su ogni nota.
Già però in questa idea del frutto da assaporare si legge l’idea di qualcosa che deve compiere un corso naturale, nasce, si sviluppa, arriva a maturazione ma deve finire, una cosa che si consuma, può seccarsi, e così la voce che canta prova a rassicurare il suo ‘tu’ al quale si è così ardentemente abbandonato

E non verrà la morte triste
alla nostra porta
a cantare le sue canzoni

Eppure la languida malinconia tanguera rimane a pervadere il finale del pezzo che con un nuovo tappeto di tastiere si conclude così come si era aperto su una specie di fondale scuro e vagamente inquietante

Ma a volte l’uomo proprio nella sua giovinezza non riesce a cogliere il momento in cui un amore si rivela, come se il suo desiderio non fosse perfettamente accordato col tempo che vive. Ne Il giardino dei salici Yeats in un apparente idillio campestre proietta le figure di due giovanisimi amantiche per l’insipienza di lui, per la sua incapacità di leggere la rivelazione in fondo semplice che la vita gli sta offrendo, non riescono a coronare il iproprio amore

Nel giardino dei salici
ho incontrato il mio amore
là lei camminava
con piccoli piedi bianchi di neve
là lei mi pregava
che prendessi l’amore come viene
così come le foglie crescono sugli alberi

Così giovane ero, io non le diedi ascolto
e così sciocco ero io non le diedi ascolto
e fu là presso il fiume che
con il mio amore io mi fermai
e sulle mie spalle lei posò la sua mano di neve

Nel giardino dei salici
ho incontrato il mio amore
là lei mi pregava
che prendessi la vita così come viene
così come l’erba
cresce sugli argini sel fiume
ero giovane e sciocco
ed ora non ho che lacrime

Erba e alberi sembrano infinitamente più saggi del ragazzo che, in attesa di chissà cosa non riece a capire che quanto attendeva era in quella mano “bianca di neve” che si poggia sulla sua spalla. Così nella vecchiaia non gli resta che il rimpianto.

A volte la contemplazione del tempo trascorso è anche constatazione di aver perso non semplicemente un’occasione irripetibile ma di aver vissuto illudendosi di succhiare il nettare della vita compiacendo in realtà soltanto il proprio egocentrismo, come è il caso del Casanova che ritorna a Venezia in età pressoché senile

Camminava verso Venezia
Casanova, come un gabbiano a sera
torna al nido
nei riflessi dei canali
gfigure mascherate
lo accompagnava verso casa
la nostalgia
Ora viene l’inverno, ora viene la notte
Casanova

Ispirata al celebre romanzo dello scrittore austriaco Arthur Schnitzler ‘Il ritorno di Casanova’, la canzone è costruita su una struttura armonica circolare che pare avvitarsi sul suo centro, incapace di espandersi, di guardare oltre, di sottrarsi al proprio autocompiacimento di malinconia così com’è il desiderio del protagonista prigioniero del suo stesso passato

Una favola inventata
ormai la giovinezza
splendore miseria
gloria malinconia.
Ora viene la notte
ora viene l’inverno
Casanova

Ma per portare la sfida estrema al tempo, per lanciare veramente un guanto con la forza della creatività dell’uomo Branduardi scomoda addirittura il bardo in persona, musicando il sonetto numero 47 di William Shakespeare ‘Forever Young’ ‘Giovane per sempre’.
Qui, come vedremo più accuratamente nella sezione dedicata agli influssi letterari sull’immaginario branduardiano, il sommo poeta apostrofa il tempo e auspica che la sua poesia renda immortale e quindi proietti al di ogni cosa l’immagine dell’ amata

Con la tua penna rughe non disegnare
lasciala intatta nel tuo passare
a ricordo del bello negli anni a venire

E sarà nei miei versi il mio amore giovane per sempre

Ma non c’è solo l’attestazione di questa fondamentale incongruenza tra aspirazione del cuore e ineluttabilità del tempo. Ci sono anche tempi, momenti della giornata, consuetudini, attimi di abbandono alla naturalità dell’esistere che nella loro apparente semplicità nascondono momenti di rivelazione e pienezza soprattutto se vissuti assieme a qualcuno, assieme a chi è altro da noi

Così può essere l’uomo che al termine di una giornata insieme lascia all’amata il dono del giorno che è passato, evocando con tenerezza tutto l’ambiente circostante che si addormenta con lei

Ora che non piove più
ora che il giorno è finito
mi alzo piano piano
esco dall’ombra e vado

Vado attraverso il tuo giardino
ora che il giorno è finito

Chiudi la tua porta ora
ora che il giorno è finito

viene la notte sul tuo giardino
ora che il giorno è finito

Come nella collina del sonno un ronzio di strumenti conclude il brano ritmato dal pizzicato di un violino elettrico, questa volta non ci sono singole e misteriose creature di sogno ma tutto l’ambiente molto più intimo è in sintonia completa col desiderio di riposo e di calore avvolgente che si espande sulla melodia.

Allo stesso modo un gruppo di anziani che sonnechia al sole, con una banda che suona in sottofondo e le risate dei bambini intenti ai loro giochi rappresenta un modo ‘corale’ autentico, sicuramente malinconico ma non disperato di vivere l’ultima stagione della vita, di abbandonarsi al tempo. La musica della banda, che immaginiamo suoni brani un po’ fuori moda – “vecchie canzoni d’amore” dice il testo -, suona come la presenza di un passato che si può ricordare con tenerezza, perché in tutto il quadro si deposita come un velo di bonaria resa al tempo che qui non è giudice né esattore delle tasse sui desideri mancati, perché l’uomo, i bambini, la gente che passa e i vecchi sono fatti di quello stesso tempo che accettano vivendoci perfettamente dentro

Al parco nei giorni di sole
vestita a festa
la gente cammina
i bambini che ridono forte
là in fondo gira la Giostra

I vecchi che siedono soli
si addormentano a volte
al calore del sole
inizia a suonare la banda
vecchie canzoni d’amore

E passano giorni e stagioni
nel parco la gente cammina
la banda continua a suonare
là in fondo gira la giostra.

Musicalmente la Giostra è uno dei capolavori assoluti nella discografia del menestrello. L’inizio con due chitarre quasi avviluppate una sull’altra e sulle note medie dello strumento, poi il tema cantato dal basso elettrico appena distorto e che somiglia quasi a un corno, la melodia della voce costruita invece su intervalli ampi e molto lirici, l’entrata nel finale delle uileann pipes di Alan Stivell -una cornamusa con la sacca sistemata a lato del costato del musicista e manovrata con la pressione degli avambracci – assieme alla grancassa porta improvvisamente in primo piano quella banda immaginata nel testo della canzone che pare di fronte a noi tanto vibrante e coinvolgente è il suo volume di suono . La melodia però non sfuma ma si conclude lasciando posto alle due chitarre che ripetono esattamente il tema dell’introduzione.

Saverio Simonelli

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