vocisullaluna

se esiste il senso della realtà deve esistere il senso della possibilità

Archivi per il mese di “agosto, 2012”

Vacanza ferragostana

Allora, le voci sulla luna si acquietano per qualche giorno, ma sotto sotto, silenziosamente, si preparano a tornare a canticchiare qualcosa, verso la fine del mese…buone vacanze!!

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A Brema: i musicanti e i precari. Una favola di oggi

A ridosso del centro storico a poche fermate di tram il parco cittadino con gli inevitabili germani reali nel laghetto centrale e gli scoiattoli che si esibiscono in poco contegnosi rosicchiamenti di qualsiasi parvenza di cibo: dai fili d’erba alle molliche offerte dai bimbi. Le biciclette qui volano ancora più convinte e sicure a fianco dei passanti che ci fanno appena caso; bambini con zaini pesanti sulle spalle tagliano per il verde tornando da scuola. Lungo un’insenatura del parco dove il laghetto si trasforma in un corso d’acqua , una lingua sottile, la strada che costeggia si apre in una piazza, e che piazza, la Goethe Platz. Al centro, ovviamente, il Goethe Theater, possente e spudoratamente neoclassico edificio di un bianco che lascia presagire un restauro recente e dal tetto del quale cala un ampio manifesto: prossimamente il Requiem tedesco di Brahms e il Cavaliere della rosa della coppia Hoffmanstahl-Richard Strauss, due diverse interpretazioni di germanesimo, lontane nella sensibilità e nella geografia culturale del paese, dalle brume amburghesi sublimate da un Brahms che si affaccia dolorosamente alla maturità artistica e umana alle sinuose, ammanierate e saporose schermaglie viennesi fin de siecle.  C’è anche una giovane signora, rossa di capelli, che sistema una statuetta raffigurante il Rosenkavalier sopra una balaustra: esattamente lì dove finisce la zona teatro e la strada si rituffa verso il parco. Ha in mano una macchina fotografica e cerca l’angolazione migliore; le consiglio di spostarsi verso destra per evitare i raggi frontali. Sorride e sorride ancora più compiaciuta quando le sussurro i nomi della coppia Strauss-Hoffmanstahl assieme a Rosenkavalier: l’animus germanico si compiace sempre quando un rappresentante del Paese dei limoni, quell’Italia che a calcio li sconfigge da sempre ma che stenta nello spread e nel rinverdire le antiche glorie culturali, insomma quando un latino dimostra di masticare qualcosa della loro cultura: un po’ per antico complesso di inferiorità tramutatosi negli anni in un più moderno atteggiamento di superiorità politica e organizzativa.  Che poi questo accada in un’antica città anseatica ma fuori dalle grandi correnti politiche e culturali europee assume coloriture di sano orgoglio provinciale. Il che non guasta. Si alza soddisfatta , si sistema un fermaglio molto etnico tra i capelli, mordendosi il labbro inferiore quasi per accompagnare la difficoltà del fermaglio a farsi strada in quella selva purpurea. Voltandosi mi dispensa un ultimo sorriso di maniera e un cenno della mano appena sollevata, la fugace complicità storico-musicale svanisce non appena dà le spalle alla facciata, con la statuetta stretta al seno.

Tutto questo però c’entra poco con i musicanti che invece hanno molto a che fare con quello che sta accadendo dentro il teatro dove un via vai di operai tecnici e maestranze si arrabatta tra cambi luce, quinte e scenografie talmente eterogenee che sembra di stare davanti al carosello di porte del finale di Toy Story. Si avvicina la pausa pranzo che qui cade alle 12 in punto. Ma quella che agli occhi meridionali sembra frenesia segue invece un ritmo concertato. Su un lato la luce color capodanno della fiamma ossidrica sprizza  come verso la platea. Ci dicono di farci da parte C’è da risistemare tutta una parte della scena Eh sì, perché tra un requiem e un Cavaliere della Rosa c’è spazio anche per ‘AltArmArbeitslos’ che in italiano perdendo la triplice allitterazione assai germanica diventa Anziani, poveri e disoccupati: una fiaba moderna senza lieto fine, una storia assolutamente contemporanea che mette in scena il destino di quattro anziani che a pochi anni dalla pensione perdono il proprio lavoro. La rappresentazione è in programma per alcuni giorni del mese ma ha già riscosso ampi consensi di critica. Ci sono quattro attori, più vicini alla terza età che a quella di mezzo, un coro con le maschere dei quattro animali della fiaba, personaggi che vanno vengono e raccontano storie di licenziamento, povertà, perdita degli affetti, e nel mezzo i quattro che non si arrendono alle altre maschere che, come in un’allegoria medievale rappresentano la concorrenza, l’efficienza, la meritocrazia. Tra una testimonianza e l’altra si racconta la fiaba dei musicanti di come invece quelle quattro bestie coraggiose hanno vinto la battaglia contro il tempo e il cinismo dei padroni e gli attori, i protagonisti sembrano come trarre forza dalle parole dell’antica fiaba.

Lena è una dei quattro. Fa il gatto, mi dice. E qui mi viene in mente Montale, ‘non il grillo ma il gatto del focolare or ti consiglia’. Strano binomio il gatto col focolare, lui che ama la casa principalmente per i suoi comodi…del resto anche nella fiaba dei Grimm pare come un po’ più distaccato dagli altri, meno compagnone e più indipendente. Non è nemmeno scritto ma lo si intuisce, lo vediamo leggendo: è un po’ più cinico, ha il piglio di chi la sa lunga e potrebbe comunque cavarsela anche da solo. Ma la sua presenza garantisce buoni artigli e sfrontatezza alla compagnia. Lei lena gli artigli ce li ha spuntati dagli anni ma soprattutto dalle vicissitudini professionali.  Come gli altri attori si è ritrovata senza lavoro in prossimità della soglia dei 60 anni. Lo racconta con una voce sottile e ferma, senza inflessioni, e mi fissa coi suoi occhi severi color verde pallido al centro di un volto tondo come una luna piena che mostra nitidamente le asperità della superficie e i lineamenti minuti, la fronte di rughe lì meno marcate, il naso piccolo e appuntito il giusto, le dipingono una reminiscenza infantile, che me la rende dolce. MI dice delle difficoltà di riciclarsi a una certa età, e poi vergognandosene come fossero banalità, l’idea di svegliarsi senza aver nulla cui pensare, ed è cos’ anche per molti che hanno diversi anni di meno, perché la disoccupazione qui morde il tessuto sociale da parecchio tempo. Strano ascoltare questo discorso nella Germania settentrionale che qualsiasi altro abitante dell’Europa dei 26 associa a un’idea di efficienza incrollabile, di welfare previdente, di pianificazione ineccepibile delle risorse. E invece lena ha perfettamente ragione La disoccupazione a Brema raggiunge cifre assai rilevanti per la media tedesca. Costantemente sopra l’11% nel 2012, più del doppio ad esempio della regione della Renania, un terzo in più della vicina Amburgo.

Ora le si avvicina Karl, che nella piece recita nella parte dell’asino, ma è molto meno determinato dell’originale. Non lo aiuta il maglione a zip di un grigio melange che ha visto molti lavaggi a secco e  che fa a gara col pallore della pelle, scavata in più punti dall’acne. Un riporto dei capelli completa l’opera. Scuote la testa e mi fa capire di avere poco da aggiungere anche se si capisce che la complicità con la donna lo rende meno insicuro. La guarda quasi con riconoscenza mentre Lena riprende a parlare e parla di solidarietà. L’arte, dice, per quanto non possa oggettivamente cambiare le cose, può aiutare a porre domande, le questioni con cui la società deve misurarsi e trasportarle su un altro piano, proprio come fa questa fiaba

L’arte rende più chiaro e tangibile anche se su un piano diverso ciò con cui la gente ha a che fare nella vita, spiega senza esitazioni, e il paragone con la fiaba aiuta a comprendere le situazioni in modo ancora più chiaro…questa mancanza di vie d’uscita… per noi in quanto attori ci aiuta a capire e a elaborare quanto ci accade . Lo sappiamo benissimo che dopo questa rappresentazione non è che ci concederanno occasioni ulteriori per il lavoro, per avere altre parti, ma abbiamo la consapevolezza di aver affrontato le nostre questioni, assieme ad altra gente che condivide il nostro stesso destino. Questa è la solidarietà, soprattutto quando siamo in scena e la gente ci applaude non solo per quello che facciamo ma perché abbiamo portato in scena questi problemi, e questo è un concetto davvero solidale.

Le rappresentazioni continueranno per tutto il mese di aprile e maggio a intervalli piuttosto irregolari: ma è lavoro, penso, mentre siedo alla mensa del teatro di fronte a un quarto di pollo accompagnato da verdure pallide quanto il maglione dell’asino. Al tavolo di fronte due musicisti accompagnano il pasto con la lettura di una partitura fitta di indicazioni. Ne discutono animatamente. Bello, la Germania è uno dei pochi paesi dove occuparsi di cose artistiche viene ancora considerato un lavoro utile, pratico e importante  quanto sistemare un defibrillatore in un centro sportivo, per dire. C’è animazione nella sala mensa che occupa una piccola fetta del seminterrato. Dal fondo del corridoio si sente un corno francese che intona alcune note, forse del cavaliere della Rosa. C’è molta gioventù intorno e mi immagino l’effetto strano di un incontro nell’atrio tra loro e gli anziani che fanno la parte dei musicanti della fiaba e in fondo quasi avventizi da queste parti, la testa ingombra di pensieri e scadenze, ma con uno spazio lasciato libero per la fiaba per quello che insegna e per quello che ancora può mettere in moto nella realtà, per le cose che ci insegna a vedere in altro modo anche se non si avverano anche se quel ‘e vissero felici e contenti’ difficilmente da queste parti si avvera.

Ma ripensando alle parole di Lena, all’idea che qualcuno oggi, nonostante le crisi ancora dica che l’arte rende più chiare e tangibili le cose della realtà mi viene in mente quel pensiero di Leopardi, uno che certo aveva contratto numerosi anticorpi contro gli eccessi della sensibilità…eppure diceva «All’uomo sensibile e immaginoso, che viva, come io sono vissuto gran tempo, sentendo di continuo ed immaginando, il mondo e gli oggetti sono in certo modo doppi. Egli vedrà cogli occhi una torre, una campagna; udrà cogli orecchi un suono d’una campana; e nel tempo stesso coll’immaginazione vedrà un’altra torre, un’altra campagna, udrà un altro suono. In questo secondo genere di obbiettivi sta tutto il bello e il piacevole delle cose. Trista quella vita (ed è pur tale la vita comunemente) che non vede, non ode, non sente se non che oggetti semplici, quelli soli di cui gli occhi, gli orecchi e gli altri sentimenti ricevono la sensazione.» La fiaba ancora una volta ci ha insegnato a indossare questa specie di magici occhiali.

Canzoni Branduardi: risultati del 9° sondaggio

Ecco i risultati dell’ultima eliminatoria. In questo caso, poche sorprese con il brano più noto che risulta vincente assieme a quello più lirico e intenso, il più recente apporto di Maurizio Fabrizio al canzoniere

La tempesta 55 33%
La ballata del tempo e dello spazio 53 31%
Rataplan 13 8%
Il denaro dei nani 11 7%
Barbriallen 10 6%
Favola di Natale a new York 10 6%
Cara rimani 8 5%
Il lungo addio 6 4%
Gira la testa 2 1%
Una vigile stella 1 1%

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